Approfondimento Culture Next: la Generazione Z e i Millennial si aspettano che i brand abbiano uno scopo sociale
Se da un lato il 2020 è stato pieno di incertezze, dall'altro è emerso un risultato evidente: per la Generazione Z e i Millennial, l'interesse per le tematiche sociali è ormai la norma. Come abbiamo appreso dal report sulle tendenze globali Culture Next di quest'anno, queste generazioni stanno riscrivendo il proprio futuro e quello del mondo intero impegnandosi in tematiche sociali. Compiono scelte personali che promuovono l'empatia e azioni pubbliche anticipatrici di trasformazioni più ampie. E, a quanto pare, si aspettano che anche la cultura con cui interagiscono persegua uno scopo sociale, dai loro artisti e podcast preferiti ai brand che amano.
Quando ad agosto abbiamo intervistato i giovani della Generazione Z e i Millennial, un considerevole 87% di loro ha dichiarato di aspettarsi dai brand obiettivi concreti e maggiore responsabilità sociale.1 Questo aumento rispetto al 68% di gennaio2 evidenzia come, nell'arco di sette mesi di un anno turbolento, la mentalità sia cambiata. Con una pandemia sullo sfondo è sorto un movimento globale di giustizia razziale volto a sfidare lo status quo. Ella, 17 anni, di Brooklyn, lo ha riassunto così: “Penso che la colonna sonora dei tempi attuali sia una voce potente”, ha affermato, “una voce che si staglia in modo limpido sul caos [e] combatte per ciò che è giusto”.
Naturalmente, “ciò che è giusto” non è sempre ovvio, specialmente dal punto di vista dei brand. Ecco perché ci siamo impegnati a capire come si fanno sentire i membri della Generazione Z e i Millennial. Certo è che gli individui che abbiamo intervistato condividono la tendenza a essere appassionati (3 su 4 di loro hanno affermato che le cause sociali rappresentano parte essenziale della propria identità),3 ma le loro reazioni ai cambiamenti portati dal 2020 sono state diverse. Come è logico, molti dei giovani di tutto il mondo con cui abbiamo parlato hanno partecipato a manifestazioni o si sono spesi per la promozione dell'impegno civile.
"Il movimento Black Lives Matter ci ha insegnato che, grazie a proteste e indignazione, è possibile raggiungere un cambiamento senza precedenti", ha dichiarato Finn, 24 anni, del Surrey (Regno Unito), sottolineando il motivo esatto per cui è così galvanizzante: "Il cambiamento dovrebbe essere usato a vantaggio delle persone".
I giovani si sono fatti sentire anche in occasione delle elezioni presidenziali americane del 2020. Soltanto a ottobre, il New York Times ha scritto: “La maggior parte dei giovani negli Stati Uniti non vota”,4 ma le cose potrebbero cambiare a partire dal 3 novembre. Secondo un centro di ricerca apartitico della Tufts University, dal 2016 al 2020 la partecipazione degli aventi diritto al voto tra i 18 e i 29 anni potrebbe aumentare dell'11%, fino ad arrivare a un massimo del 56%.5
Tali azioni collettive sono state inoltre accompagnate da una serie di risposte decisamente uniche. Mael, 18 anni, di Atlanta, è stato orgoglioso di distribuire informazioni riguardanti le manifestazioni pubbliche e le elezioni. "Da maschio nero, continuerò a farlo", ha affermato. Kenneth, 23 anni, di Giacarta, ci ha svelato che ha in mente di inviare scritti politici al quotidiano locale: "Uno dei miei sogni è contribuire al dibattito pubblico, anche una sola volta". E Andrea, 25 anni, di Città del Messico, ci ha raccontato di essere impegnata a informare i membri della sua famiglia che provengono da "una piccola città nel nord del Messico, dove una parte enorme della popolazione non si rende conto che il Paese è affetto da razzismo, maschilismo, transfobia, omofobia e altri disagi [sociali]".
Molti dei giovani coi quali abbiamo parlato si impegnano per istruire gli altri, alcuni lo fanno invece per se stessi. Rani, 20 anni, di Melbourne, ci ha raccontato che sceglie specificatamente "podcast che mostrano ciò che vivono le persone nere". In ogni caso, queste azioni hanno una caratteristica comune: sono autentiche per le persone che le compiono. Questo è uno spunto chiave per i brand. I giovani sono allergici alle parole vuote e alle prese di posizione ipocrite. Bianca, 20 anni, di New York, nei mesi successivi alla morte di George Floyd si è espressa così: "I brand usano gli hashtag per attirare l'attenzione e i post con riquadri neri per mostrare solidarietà, ma non stanno aiutando concretamente, in altri modi stanno solo cercando di vendere".
Quando abbiamo dato ai ragazzi della Generazione Z e ai Millennial una lista di idee su ciò che i brand dovrebbero fare per rispondere alle esigenze del 2020, opzioni come "dare priorità ai giovani", "essere radicali" e "schierarsi politicamente" sono state ampiamente saltate. In altre parole, i giovani non chiedono che si venga loro incontro e non desiderano essere intrappolati in faziosità divisive. Ecco, quelle che sono state le loro 5 scelte principali in ordine di importanza:6
- Agire: le parole sono potenti ma le azioni lo sono ancora di più. Le persone desiderano che i brand “si rimbocchino le maniche” e inizino a fare qualcosa, oltre a lanciare dei messaggi.
- Essere inclusivi: è importante che i brand accolgano tutti i generi, gli orientamenti sessuali, le etnie, le culture, le taglie e i ceti sociali.
- Avere uno scopo sociale: i brand dovrebbero prendere posizione e far sapere al mondo chi sono e in cosa credono.
- Restituire qualcosa agli altri: le persone si aspettano che i brand donino e facciano del bene, dal momento che hanno risorse che altri non hanno.
- Essere trasparenti: la disinformazione e una mancanza di fiducia generale nei confronti delle grandi aziende hanno reso sempre più importante mostrare le proprie carte, buone, cattive e brutte che siano.
Nello specifico, queste generazioni hanno manifestato il proprio sostegno a quei brand che hanno ammesso gli errori del passato, che stanno diversificando l'attuale leadership e che seminano progresso facendo fare carriera a chi storicamente era tagliato fuori. Sono entusiasti anche dei brand che supportano i movimenti sociali con dichiarazioni inequivocabili e donazioni in denaro. Così come i singoli individui, anche i brand possono intraprendere azioni mirate a rafforzare la propria voce interiore, a lanciare un messaggio o fare entrambe le cose contemporaneamente.
Anche se lo abbiamo citato nel report Culture Next 2020, Nick, 30 anni, di Oakland, California, ha espresso un pensiero che non possiamo non ribadire: "Agire in modo da influenzare davvero le generazioni più giovani, dimostrando chiaramente che si è disposti a perdere profitti o clienti per qualcosa in cui si crede".
Scarica il report Culture Next 2020
- Sondaggio sui trend Spotify condotto su 2.000 intervistati tra 15 e 40 anni di età in BR, DE, GB, US, agosto 2020
- Sondaggio sui trend Spotify condotto su 2.000 intervistati tra 15 e 40 anni di età in AU, BR, CA, DE, ES, GB, ID, IN, IT, MX, US, gennaio 2020
- Sondaggio sui trend Spotify condotto su 2.000 intervistati tra 15 e 40 anni di età in BR, DE, GB, US, luglio 2020
- The New York Times, “Why Don’t Young People Vote, and What Can Be Done About It?”, ottobre 2020
- CIRCLE.Tufts.edu, “Youth Voter Turnout Increased in 2020”, aggiornato il 9 novembre 2020
- Sondaggio sui trend Spotify condotto su 2.000 intervistati tra 15 e 40 anni di età in BR, DE, GB, US, luglio 2020